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Venti di guerra
Ma l’Europa è percorsa da venti di guerra: il nazismo è al potere in Germania da cinque anni, l’Italia si arma e nel 1940 entra nel secondo conflitto mondiale. Il Dr. Ennio Forti è già dimissionario dalla carica di Presidente: entrato in rotta di collisione con il fascismo, viene incarcerato per due mesi alla Rocca di Massa, poi liberato per la mancanza di capi d’accusa, infine condannato a morte nel 1942 e costretto a rifugiarsi, con la famiglia, in una località quasi inaccessibile della Valtellina. Comincia il periodo più buio della storia del nostro Club, costretto a sopravvivere affrontando una doppia crisi: quella politica e sociale, che sfocerà nella disfatta bellica e nel crollo del regime, e quella dell’automobilismo civile, ridotto ad autentica rarità sia per la pesante situazione economica, sia per la paura di requisizioni, sia perché la mobilità è vista in quel periodo soprattutto a fini bellici.
Il numero di auto circolanti si fa irrisorio, nel 1940 le immatricolazioni (compresi i veicoli usati provenienti da altre province) sono appena 170, l’anno successivo scendono a 154, nel 1942 sono 158, nel 1943 appena 63, mentre nel 1944 vengono acquistati in provincia solo 20 esemplari di autovetture. Il fronte incalza e il comando militare tedesco decide di chiudere gli uffici dell’ACI, che cessano di operare dal 27 novembre; probabilmente però gli impiegati dell’Ente erano già stati sfollati nel nord Italia da qualche giorno, visto che l’ultima trascrizione sui registri viene assicurata non già da un funzionario, ma addirittura da un consigliere dell’ACI, il marchese De Ferrari.
La vita dell’ACI resta sospesa per quasi un anno, durante il quale vengono distrutti i documenti relativi al periodo pionieristico della vita del nostro Club, la cui storia viene pertanto affidata alle memorie storiche rappresentate dai più anziani Soci dell’Ente e alle scarse notizie riportate dai giornali dell’epoca. Si salvano invece, grazie all’intervento di Ottavio Abboni, parte del mobilio e tutti i registri del PRA, che ci sono pervenuti intatti; ciò ha consentito, oltre a garantire le proprietà dei veicoli per i cittadini della provincia, di entrare in possesso di una importante testimonianza dell’evoluzione del fenomeno automobilistico in provincia nel primo periodo della sua espansione.
La Ricostruzione
Siamo nell’estate del 1945 e, anche per l’ACI, comincia la ricostruzione. L’attività istituzionale riprende in una casa di via dei Margini di proprietà della famiglia Giusti, il Pubblico Registro riapre i battenti: il 9 luglio, la prima formalità viene sottoscritta dallo spezzino conservatore supplente Perna.
Nei primissimi mesi del dopoguerra vengono commerciate in provincia 67 autovetture; l’Ente è retto inizialmente dal Commissario Straordinario Giovanni Bernardi, nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale l’11 giugno 1945, che si dimette nel settembre successivo; il 9 novembre dello stesso anno il Commissario Straordinario del RACI, Principe Filippo Caracciolo, con delibera n. 135 nomina "Commissario Provinciale di Massa - Apuania" Paolo Fasanelli, che ha alle sue dipendenze quattro impiegati: Renzo Giusti, Fortunata Alderani, Alfredo Vannucci e Luciano Tarabella che di lì a poco, secondo la testimonianza di Ferruccio Egori e Luigi Guidotti, morirà in un incidente motociclistico.
Il 1946 si apre con l’immatricolazione della vettura targata AU3554 ad opera di un pioniere dell’automobilismo apuano: Ruggero Giorgini Schiff. Il primo marzo di quell’anno ricomincia la gestione amministrativa autonoma da parte del nostro Automobile Club; il 14 febbraio i pochi Soci dell’ACI apuano vengono riuniti per eleggere le cariche sociali: nasce così il primo Consiglio Direttivo del dopoguerra, che viene confermato con una sorta di referendum tra i 66 soci dell’epoca svoltosi il 21 marzo, sotto lo stretto controllo di un comitato di vigilanza sulle operazioni elettorali composto dal Dr. Ferruccio Garrisi, da Silvio Vita e da Edoardo Gemignani.
Nella sua prima riunione il Consiglio Direttivo delibera di "promuovere una intensa opera di propaganda per lo sviluppo della campagna sociale, in modo da poter avere l’apporto di tutta la classe degli automobilisti per lo sviluppo e la rinascita dell’Automobile Club Provinciale, inteso questo come Ente apolitico avente per obiettivo la tutela e la difesa degli interessi degli automobilisti e nel contempo lo sviluppo delle manifestazioni sportive". Da notare che, alla prima assemblea dell’Ente, nel tentativo di ricostruirne l’ossatura sociale, vengono invitati non solo gli automobilisti in possesso di tessera in corso di validità, ma anche quelli iscritti negli anni precedenti.
Il 1949 è caratterizzato dall’impegno dell’Automobile Club Provinciale per il passaggio della MilleMiglia dalle strade della provincia, vinta da Clemente Biondetti in coppia con Salami su Ferrari 2000 S, che percorsero i 1600 km dell’intero tracciato in poco più di 12 ore, alla media di 131,456 km/h: i distacchi furono impressionanti. L’ultima auto che riuscì a concludere la prova chiuse la gara con una dozzina di ore di ritardo.
L’anno termina con le dimissioni di Paolo Fasanelli dalla carica di Presidente; al suo posto, dall’11 dicembre, subentra l’Ing. Giovanni Lazzoni, con l’Ing. Pietro Pagliero come Vicepresidente.
L’ACI allarga i suoi orizzonti cominciando ad occuparsi di un problema a tutt’oggi fondamentale: la viabilità. Nel 1952 inizia la discussione intorno ad un altro argomento di fondamentale importanza: la creazione di un distributore di carburanti, che verrà realizzato solo molti anni più tardi.